venerdì 11 luglio 2014

Tolkien e la Grande Guerra, intervista a Verlyn Flieger per il progetto "L’autista moravo"

Tanti gli eventi promossi per comprendere la Grande Guerra, che ha in quel 28 giugno 1914 con l’attentato di Sarajevo l’innescò della che il 28 luglio successivo portò al più sanguinoso conflitto del secolo scorso. Tra le inziative di pregio sicuramente è da annoverare “L’autista moravo”, un progetto crossmediale promosso da Radio Popolare con la collaborazione di Lapsus.
L’iniziativa entra nel vivo dal 30 giugno 2014 e dal lunedì al venerdì, alle 10.40, per venti minuti fino al 1 agosto, con una trasmissione quotidiana per capire la Grande Guerra.

Si legge sul sito di Lapsus:

Dopo aver partecipato al Festival èStoria 2014, a Gorizia, dedicato al tema “Trincee” ed aver “viaggiato nel tempo” tornando a Sarajevo nelle settimane scorse, con un viaggio che ha coinvolto anche gli ascoltatori di Radio Popolare, ora, grazie alle analisi di Gian Enrico Rusconi, Ian Beckett, Giovanni De Luna, Hew Strachaw, Ada Gigli Marchetti, Max Hastings, Barbara Bracco, Nicolas Offestandt, Paolo Mieli e molti altri ancora cercheremo di capire – da diversi punti di vista – perché nel luglio 1914 le elites politiche e militari decisero di mandare al macello un intero continente. Scopriremo come la musica, la letteratura, la cultura assorbivano lo scontro tra interventisti e pacifisti; come la Grande Guerra li ha trasformati.

È possibile ascoltare la puntata radiofonica su Radio Popolare o scaricare il podcast sul sito dedicato al progetto “Autista moravo”.

I promotori del progetto, ispirandosi liberamente ai TED (Technology Entertainment Design) hanno chiesto a docenti universitari, giornalisti ed esperti di spiegare le svolte decisive impresse dalla Prima Guerra Mondiale, animati dalla convinzione che per arginare lo spirito bellico dell'uomo non basta demonizzare la guerra, ma bisogna conoscerla da vicino.

Tra le tante interviste, da segnalare ai tanti tolkieniani l’intervista a Verlyn Flieger su Tolkien e la Grande Guerra. La Flieger fu ospite al Festival èStoria 2014 assieme a John Garth e Sebastiano Fusco, intervistati da Gianfranco de Turris.

Questa l’intervista alla Flieger ai microfoni di Radio Popolare e a seguire il testo tradotto in italiano dell’intervista recuperato in rete.



Il soldato Tolkien
di Verlyn Flieger

Tutto il suo mondo immaginario la Terra di Mezzo, Arda è legato alla guerra, deriva dalla sua esperienza con la guerra. È permeato dalla presenza della guerra. È un leggendario molto malinconico, non solo Il Signore Degli Anelli, ma anche Il Silmarillon, che è il suo antefatto; si narra di guerre e conquiste, dei motivi per i quali le persone ritengono di doversi combattere l’una con l’altra. E Il Signore degli Anelli, che è il suo lavoro più famoso, parla di uomini in guerra, parla dell’anticipazione della guerra, dello sconfinamento della guerra nelle vite della gente pacifica,della necessità che segue alla convinzione per cui bisogna combattere per proteggere le cose alle quali si tiene e che si vuole custodire.
E parla di tutto ciò che perdi durante una guerra: perdi la tua innocenza, perdi l’ignoranza perché vieni a scoprire più cose del mondo di quelle che vorresti conoscere.
Per i tuoi amici.
Tolkien disse: quando stava scrivendo l’introduzione a Il Signore degli Anelli lui disse che la prima guerra mondiale fu addirittura peggiore della seconda guerra mondiale la Prima Guerra Mondiale era la sua guerra, la guerra durante la quale lui era al fronte, in Francia sulla Somme. E, lui disse...
“Arrivati al 1918, tutti i miei più cari amici, tranne uno, erano morti, erano stati uccisi durante la guerra”.
Tolkien, dopo la guerra, come autore, faticò molto a trovare un senso a quella carneficina, a tutte le battaglie e alla morte di quei giovani, in entrambi gli schieramenti.
Tutto ciò gli sembrava così futile, ma allo stesso tempo incombente e terribilmente reale.
Per questo i suoi eroi: sono hobbit, sono piccoli uomini.
Non persone grandi, superbe, importanti, ma la gente ordinaria, quella a cui nessuno presta attenzione; che sono coloro che finiscono a fare la carne da macello in una guerra.
I suoi hobbit, i suoi quattro hobbit: Frodo, Sam, Merry e Pipino. Tutti vedono diversi aspetti della guerra.
Tornano tutti indietro, ma tornano tutti cambiati. E tornano a casa con il ricordo di tutti quelli che non sono tornati. L’ultimissima riga del libro recita: “sono tornato”. L’ironia è che, dietro a questa frase, ci sono tutti coloro che non sono tornati che non possono tornare perché sono morti. Credo che il suo lavoro, se considerato superficialmente, sposi la monarchia, perché si parla della restaurazione di un diritto regale. Ma il suo credo politico, per come emerge nel libro, è molto liberale. Non era né di sinistra né di destra, secondo la concezione odierna. Era profondamente conservatore nel senso più letterale del termine, cioè di voler conservare, tenere stretto e preservare ciò che credeva fossero i grandi doni della civiltà. Una volta ha detto, dopo aver prestato servizio nell’esercito nella Prima Guerra Mondiale, di non poter contemplare una situazione in cui potesse essere considerato legittimo per alcuni uomini dare ordini ad altri uomini, e di decidere delle loro vite in modo assoluto. Disse anche, un’altra volta, un po’ per scherzo, ma era uno scherzo serio: “se dovessi dare il mio supporto ad un sistema politico sarebbe l’anarchia”. E non intendeva persone che tirano bombe, ma il diritto di ogni essere umano, uomo o donna, di fare le proprie scelte, di regolare la propria vita e di vivere un’esistenza libera dalla dominazione di un governo o di altri esseri umani. Pensava che i governi e gli individui gli hobbit, la piccola gente, dovessero lavorare in simbiosi l’uno con gli altri.

Per approfondire il tema Tolkien e la Grande Guerra” si consiglia l’omonimo volume di John Garth tradotto in italiano da Lorenzo Gammarelli.